Aritmie cardiache, due giovanissimi operati senza l'uso di raggi X all'ospedale Santa Maria di Bari
Eseguita un’operazione di ablazione grazie all’innovativa tecnica “zeroscopia"

Il 30% delle aritmie cardiache è di natura congenita: mediamente 1
bambino su 100 nasce con un’anomalia del sistema elettrico del cuore. Come nel caso di due giovani pazienti di 10 e
18 anni che presentavano palpitazioni improvvise e frequenza cardiaca di 200
battiti al minuto anche a riposo; una sintomatologia importante con episodi
prolungati anche fino ad un’ora. L’Unità Operativa di Elettrofisiologia dell’Ospedale Santa Maria di Bari,
Struttura Polispecialistica accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale, ha
deciso dunque di intervenire tramite un’operazione di ablazione senza ricorso
ai raggi X grazie all’innovativa tecnica “zeroscopia”.
La paziente più
giovane, 10 anni, soffriva di una tachicardia da rientro nodale (TRN), mentre
il diciottenne soffriva della Sindrome di Wolff-Parkinson-White: due aritmie
congenite che hanno origine in punti differenti del cuore ma sono entrambe altamente invalidanti. Queste
patologie aritmiche non mettono a
rischio la vita dei giovani pazienti ma compromettono gravemente la loro
quotidianità, a causa dei frequenti episodi di palpitazioni improvvise e
cardiopalmo tachicardico prolungato di cui soffrivano.
La tecnica più utilizzata per il
trattamento delle aritmie cardiache è l’ablazione
transcatetere mediante radiofrequenza che prevede l’inserimento di cateteri
per la cicatrizzazione del tessuto cardiaco responsabile dell’aritmia. La
procedura richiede l’utilizzo di
strumenti di visualizzazione a raggi X per posizionare i cateteri all’interno
del cuore ed individuare il punto esatto in cui origina l’aritmia.
Per ridurre l’uso di raggi X e al
contempo consentire una più precisa localizzazione della sede del
“corto-circuito” cardiaco, l’ablazione è
oggi spesso guidata anche da sistemi di navigazione 3D che consentono il
cosiddetto mappaggio elettro-anatomico del cuore riducendo la dose radiante
fino ad azzerarla come nel caso della tecnica “zeroscopia”.
“Nei
due giovani pazienti abbiamo adottato una procedura diagnostica e terapeutica
“zeroscopia” di complessa esecuzione tecnica – spiega il dott. Giuseppe Stabile,
Direttore del Dipartimento di Elettrofisiologia dell'area barese di GVM Care
& Research –. Viene impiegata principalmente nei soggetti più
giovani e nelle donne in età fertile per tutelarli dal potenziale rischio
dell’esposizione alle radiazioni ionizzanti. Tuttavia, non sempre è possibile
intervenire con questa tecnica: in alcuni casi la vena attraverso cui viene
introdotto il catetere per la navigazione zeroscopica risulta ostruita o
presenta degli ostacoli. Questi impedimenti, che solitamente si trovano in
pazienti più anziani, ci impongono di procedere tramite sistema combinato di
navigazione 3D con l’ausilio di raggi X. Nel
caso di questi due giovani pazienti non abbiamo incontrato ostacoli e siamo
riusciti a portare a termine la procedura di ablazione eliminando il ricorso ai
raggi X”.
Considerata la giovane età dei due
pazienti, l’équipe del dott. Stabile ha deciso dunque di intervenire con
un’ablazione per la risoluzione dell’aritmia utilizzando l’innovazione data
dalla tecnica “zeroscopia” senza esporre i due giovani pazienti ad alcuna
radiazione ionizzante.
“Molte anomalie presenti in
età neonatale divengono elettricamente silenti intorno ai 5 anni, la
sintomatologia di fatto scompare; per quei casi in cui invece si manifestano o
continuano a manifestarsi dei sintomi oltre i 5 anni, come in questi due
giovani, si procede con il monitoraggio della patologia e si può arrivare alla
programmazione dell’intervento di ablazione – commenta il dott. Pasquale Filannino, Co-Responsabile del Servizio di
Elettrofisiologia dell’Ospedale Santa Maria di Bari –. Solitamente si preferisce attendere la maggiore età per l’operazione,
sia perché a 16-18 anni si è perfettamente formati anatomicamente a livello
cardiaco sia per poter sottoporre il paziente ad un’anestesia locale anziché
generale; nel caso della paziente di 10
anni non potevamo attendere oltre per la scarsa qualità di vita data dagli
episodi frequenti e prolungati che la colpivano quotidianamente”.
“La tecnica “zeroscopia” – continua il dott. Cosimo Damiano Dicandia,
Co-Responsabile del Servizio di Elettrofisiologia dell’Ospedale Santa Maria di
Bari – non solo permette di evitare
l’esposizione ai raggi X a pazienti particolarmente sensibili, ma riduce il
carico di radiazioni ionizzanti anche agli operatori medici, infermieri e tecnici
che già sono esposti a quantitativi significativi di tali radiazioni nella
pratica quotidiana per l’impianto di pacemaker e defibrillatori”.
Oggi la ragazza e il neomaggiorenne sono
tornati a condurre una quotidianità al pari dei loro coetanei.