18 Aprile 2024 - Ore
Cronaca

“Un rompiscatole”

Marco Guida, magistrato del Tribunale di Bari, ricorda Capone

Piero Capone era un rompiscatole. Per usare un eufemismo. Magari sarà stato chiamato in modi ben peggiori. Chissà perché ad un abitante di una cittadina dell’entroterra barese, ad un certo punto della sua vita, viene lo sghiribizzo di pensare che quella terra sia anche sua; che il paesaggio, l’ambiente, la storia e la cultura di quella terra gli appartengano, come appartengono a tutti quelli che ci vivono.
E gli viene anche l’osceno pensiero che si possa fare qualcosa per difendere quella terra, qualcosa di sconvolgente, utilizzare la legge.
Pazzesco, doppiamente pazzesco: tutelare il proprio mondo con gli strumenti della legge!
Piero Capone, da quello che ho appreso in questi giorni, aveva il vantaggio di avere un po’ di tempo a disposizione dovendo, per vivere, solo amministrare i beni di famiglia e vivendo solo.
Piero Capone era una macchina da guerra, una sorta di testuggine romana, quella formazione dell’esercito più forte del mondo che chiusa in se stessa avanzava sempre, travolgendo ogni cosa.
Chiuso all’interno della sua corazza fatta di libri, codici, sentenze ed arcigna volontà, la testuggine Capone ha travolto parecchi interessi.
Anni addietro giunse sulla mia scrivania una richiesta di archiviazione per dei reati ambientali ed edilizi, tutta partito dal per me allora sconosciuto sig. CAPONE Piero.
Il PM, sulla base di una forse non troppo accurata indagine compiuta dalla polizia giudiziaria, aveva ritenuto che non vi fosse trippa per gatti, non si potessero ravvisare reati; ma il gatto denunciante non era dello stesso parere ed articolò una lunghissima e dettagliata opposizione alla richiesta.
Vicenda intricata che mi costrinse a svariati giorni di approfondimento, con il sig. Capone che con grandissimo garbo e correttezza si affacciava ogni tanto in cancelleria chiedendo: “il giudice ha sciolto la riserva?”.
Dovetti dargli ragione, ammirando la grandissima competenza, molto maggiore della mia e degli organi di polizia, dimostrata dal sig. Capone: il PM dovette riaprire le indagini, effettuare nuove perizie.
Ho appreso dalla radio, mentre ero in auto, la tragica fine di Piero Capone; mi sono dovuto accostare, pervaso da un senso di tristezza, di angoscia, un dolore profondo. Lo avevo incrociato due giorni prima, dalle parti del tribunale; dopo quella vicenda era nata una istintiva simpatia tra di noi, ma mai il Capone era andato oltre un timido “buon giorno!”, subito da me ricambiato.
L’ho immaginato mentre affrontava di sera i suoi sicari, uno o più che siano stati i vigliacchi, ma stavolta la sua testuggine non ha potuto fare niente contro quei colpi di pistola, steso sulla sua amatissima terra che aveva pensato di poter difendere, tutelare. Nell’interesse di tutta la collettività.
Non so se il suo omicidio abbia il movente nella sua voglia di legalità, è troppo presto per dirlo e gli inquirenti stanno facendo le dovute indagini.
So che è stato ammazzato un rompiscatole. So che nella vita dovremmo essere tutti dei rompiscatole. Come Piero Capone. La terra, la sua amata terra, gli sia lieve.

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