29 Marzo 2024 - Ore
Cronaca

‘I Viaggi di Dominique’

Nell'Istituto Comprensivo 'Eleonora Duse' di Bari un dibattito ispirato all'itinerario fotografico 'Viaggi bianchi' di Dominique Jean Paul Stanisci patrocinato dall'Assessorato al Welfare del Comune di Bari e organizzato dal 'Centro Servizi per le Famiglie di San Girolamo'

“Zitto Tunner! Noi non siamo turisti, siamo viaggiatori”

(dal film “Il tè nel deserto” di Bernardo Bertolucci).

 

Perché dietro ad ogni viaggio, anche a quelli più scontati o a quelli “all’improvviso” c’è sempre una ragione; il bisogno di fare nuovi incontri, di conoscere, di misurasi con il “nuovo”; la necessità del riposo, il desiderio di fuggire da qualcosa o da qualcuno.

Il viaggio può essere un orizzonte perché possiamo allontanarci anche facendo solo pochi passi da casa nostra e comunque, diceva qualcuno, “ovunque io vada non posso che portarmi dietro me stesso”.

I Viaggi “bianchi” sono invece “percorsi oltre noi”, sono il racconto di una tensione verso il “Totalmente Altro”, verso ciò che non può determinare il nostro pensiero “a priori” ma che invece “ci muove” e ci proietta “fuori” in una dimensione imprevedibile e per questo autentica, reale.

Questa mattina, nel bellissimo Auditorium dell’Istituto Comprensivo “Eleonora Duse” di Bari, un folto numero di ragazze e di ragazzi delle classi terze della Scuola Media assieme ai loro docenti sono stati co-protagonisti di un dibattito ispirato all’itinerario fotografico “Viaggi bianchi” di Dominique Jean Paul Stanisci; l’iniziativa, patrocinata dall’Assessorato al Welfare del Comune di Bari, è stata organizzata dal “Centro Servizi per le Famiglie di San Girolamo” coordinato da Stefania Monopoli che sta conducendo un progetto di promozione sociale sui quartieri Marconi, San Girolamo, Fesca, attraverso l’organizzazione di iniziative formative e culturali e l’attivazione di servizi per le famiglie (questi ultimi erogati all’interno di un’area dedicata dell’Istituto Comprensivo “Duse”).

La mattinata è stata emozionante perché il dossier di Dominique si compone di testimonianze fotografiche raccolte ad Aushwitz, Hiroshima, in Cambogia e all’interno di numerose realtà e comunità dove l’esperienza del dolore si è spesso consumata nell’indifferenza generando processi di “rimozione collettiva” ad opera soprattutto di un Occidente ripiegato sulla mera logica del profitto.

Ma il senso di “Viaggi bianchi” e l’opera pedagogica che è alla base dell’impegno sociale ed artistico di Dominique Jean Paul Stanisci è il desiderio di contagiare un’idea rivoluzionaria: la necessità di capovolgere il nostro punto di vista per assumere una nuova prospettiva: quel modo di guardare al dolore come ad un’opportunità per comprendere le ragioni della sofferenza, assumerla fino in fondo per trovare la forza di generare un cambiamento.

Gli studenti della Scuola Duse sono stati accompagnati nelle loro riflessioni dal Dirigente Scolastico Gerardo Marchitelli che ha voluto richiamare i suoi ragazzi alla necessità di essere sempre più consapevoli dei propri vissuti, più attenti alla propria interiorità, più “in sintonia” con gli altri e con il mondo che ci circonda auspicando la necessità di un nuovo Umanesimo. il Preside Marchitelli ha così affermato: “Ricordare non basta perché la Memoria può essere ipocrita se non è seguita da un cambiamento reale del nostro modo di stare al mondo. Dobbiamo ritrovare quella capacità di sentire l’altro nella nostra pelle, di provare quell’empatia che ci permetta di aiutarci gli uni gli altri e provare, così, ad essere migliori”.

Gli studenti sono stati coinvolti efficacemente anche da Stefania Monopoli che nell’introduzione al dossier ha voluto riflettere, anche grazie agli interventi di alcuni docenti dell’istituto, sul significato di segni e di simboli appartenenti alle diverse culture, portando una parola di attenzione ai preadolescenti che attraversano periodi della loro crescita non sempre facili e che chiedono agli adulti di riferimento ascolto e vicinanza.

Infine Dominique ha voluto ricordarci, attraverso le sue fotografie, che anche la sofferenza può essere un “punto di vista” e che spesso da un inciampo possono venire fuori nuove opportunità.

“Siamo chiamati alla Felicità” che non può essere vissuta solo in un dimensione individuale, che non può esaurirsi nel privato, che non può continuare ad essere dipendente dal riconoscimento sociale o dal possesso di beni; la Felicità si dona in un’esperienza più vasta perché non possiamo dirci felici se chi ci è accanto non lo è; non possiamo dirci soddisfatti se troppi vivono nella privazione; non possiamo auspicare “il cambiamento” se non siamo noi stesse e noi stessi “generatori di cambiamento”; e allora i “Viaggi bianchi” sono “pratica di Speranza attiva” affinché questa vita possa dirsi davvero degna di essere vissuta.

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