20 Maggio 2024 - Ore
Sviluppo

A Casamassima il convegno ‘Modus operandi delle più importanti polizie eurepee nella ricerca di persone scomparse a confronto’

Oltre seicento partecipanti questa mattina per l'evento organizzato dall'associazione Penelope Italia Onlus

Oltre seicento partecipanti questa mattina hanno assistito al convegno internazionale “Modus operandi a confronto delle polizie nord europee e l’attività investigativa della polizia giudiziaria nella ricerca di persone scomparse e nella lotta e contrasto alla tratta e alla violenza dei minori scomparsi”, promosso dall’associazione Penelope Italia nell’Aula Magna dell’Università Lum Jean Monnet di Casamassima. Il convegno ha ricevuto “La Medaglia del Presidente della Repubblica”, quale suo premio di rappresentanza e il patrocinio del ministero dell’Interno. Toccanti le testimonianze di Bianca Romano, mamma di Mauro scomparso in Puglia 38 anni fa, di Marisa Degli Angeli Golinucci, emiliana, la cui figlia, Cristina, è scomparsa nel 1992 a 21 anni non è ancora stata ritrovata, e di Francesco Farinella, piemontese, papà di Federica, scomparsa 15 anni fa davanti all’ingresso di casa.
La mattinata è stata occasione di confronto tra le diverse tipologie di intervento delle varie Polizie non solo nella ricerca delle persone scomparse, ma anche e nella lotta e contrasto alla tratta e alla violenza dei minori scomparsi. Charlotte Wiik, polizia svedese, Rune Siversten, Polizia di Stato Norvegese, Erik Kok, della Polizia di Stato olandese e May Britt-Rinaldo, presidente I.P.A. Svezi, hanno raccontato le loro diverse esperienze. In particolare per la Svezia le ricerche sono improntate all’intervento immediato attraverso un approccio probabilistico derivante dalle statistiche costantemente aggiornate sui casi di scomparsa. In Norvegia, invece, ha sottolineato mr. Siversten, nonostante i suoi soli 5milioni di abitanti il fenomeno è pressante con problemi di prostituzione minorile, sfruttamento dei minori, compravendita di organi. Un problema che si cerca di arginare attraverso controlli serrati, anche se spesso anche troppo duri e talvolta criticati, per arrivare all’identificazione delle persone che arrivano sul suolo norvegese e cercare di capire chi siano. “Nonostante ciò – ha ammesso lo stesso detective norvegese – è che non sempre le ricerche vengono fatte in modo accurato per mancanza di risorse. E se questo avviene da noi, che siamo un Paese piccolo, figuriamoci nel resto d’Europa”.

Interessantissimo è stato il confronto con Erik Kok, della Polizia di Stato olandese che lavora su questo tema da 30 anni e ha raccontato la recente fase di riorganizzazione della Polizia e delle sue unità locali. “Collaboriamo con tutti per la ricerca di persone scomparse nel nostro Paese e anche negli altri, indagando in particola le cause di queste scomparse. Per noi le prime tre ore sono d’oro e diamo informazioni anche attraverso segnali luminosi sulle strade, usiamo un’applicazione sugli smartphone per cercare persone scomparse e fare segnalazioni – ha spiegato -. Non siamo solo noi ma ci sono molti occhi che lavorano con noi. Se un bambino scompare abbiamo investigatori specifici che fanno domande alle famiglie, viene subito fatto un esame del DNA per bambino e familiari per verificare l’effettivo legame parentale. Un sistema che ovviamente adottiamo con tutti gli scomparsi”.

Ms. May Britt Rinaldo, ospite d’onore, delegata internazionale attività professionali e presidente nazionale IPA (International Police Association) Svezia, si è soffermata sull’importanza della cooperazione tra le forze di Polizia di tutti i Paesi e sulla necessità di chi si avvicina a temi come questi di immedesimarsi nelle storie per capire a fondo cosa si può provare, anche se non è affatto semplice”. Tra bambini scomparsi e che si trovano per strada purtroppo tanti si trovano in situazioni di grande difficoltà e vengono sfruttati anche sessualmente. Purtroppo finché ci sarà domanda ci saranno questi casi.

Certo, l’aspetto che ha messo d’accordo tutti è stata la necessità di intervento tempestivo e immediato in caso di scomparse. In particolare su questo aspetto Antonio Maria la Scala, presidente nazionale dell’Associazione Penelope Italia e docente di Diritto Penale della Lum Jean Monnet, ha ribadito l’inefficacia dell’attesa delle canoniche 48 ore prima della denuncia, che anzi deve essere presentata immediatamente per dare avvio alle ricerche. A tal proposito il 16 febbraio 2016 il ministero degli Interni ha emanato una nota indirizzata a comandi generali di finanza, carabinieri, polizia e prefetture, che prevede l’inserimento nello SDI dell’immediata segnalazione di scomparsa, anche prima della presentazione di formale denuncia. Tale segnalazione rimarrà nel registro purché entro 72 ore la denuncia venga formalizzata dai familiari della persona. Una nota, dunque, che equipara l’essere umano a un motorino o a un’auto rubata e che in qualche modo dovrebbe favorire l’immediatezza delle ricerche.

“Uno degli ostacoli maggiori nella ricerca delle persone scomparse è anche l’assenza di strumenti legislativi adeguati. In Italia, come spesso accade, – ha proseguito il prof. La Scala – si scontano lungaggini burocratiche e inefficienze amministrative. Solo per fare un esempio, a distanza di dieci anni dall’emanazione della Convenzione internazionale del 2006 su sparizioni forzate solo a luglio dello scorso anno c’è stata la legge di recepimento da parte dell’Italia per l’introduzione del reato di sparizione forzata con pene esemplari. Quanto altro tempo sarà necessario per la sua effettiva istituzione?”.

Altro punto delicatissimo è quello della banca dati del Dna, su cui l’Associazione Penelope Italia negli ultimi mesi ha raggiunto importanti risultati. “La banca dati del Dna è legge dal 2009. Da sei anni non viene attuata – illustra il presidente nazionale di Penelope Italia -. Il regolamento di attuazione, anche grazie alla nostra associazione è stato emanato a giugno 2015 dal Governo. Adesso deve essere approvato dalle Camere. Uno degli aspetti su cui si discute è l’opportunità di consentire al familiare di persona scomparsa di confrontare il proprio profilo genetico con quello dei cadaveri non identificati. Basti pensare che oggi in Italia ce ne sono 1.400 (1.300 l‘anno scorso) cui si aggiungono gli oltre 2mila sepolti non identificati nei cimiteri. Potenzialmente si parla di circa 4 mila casi di scomparsa risolvibili solo con il confronto del profilo genetico perché non vi è dubbio che si tratti di scomparsi. Per questo Penelope ha deciso di avviare la sua ennesima battaglia attraverso una raccolta firme su due punti precisi. Il primo per chiedere, prima di seppellire un cadavere non identificato, di prelevare il DNA come detto anche nella legge 85/2009 all’art.7. Il secondo è che tale DNA venga confrontato con quello dei consanguinei, dando loro la possibilità di donarlo a proprie spese per la creazione di un database telematico contenente tutti i Dna di morti scomparsi, affinché a livello telematico si possa fare questo confronto”.

 

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